Oltre
alle imposizioni educative, altri modi per manipolare il corpo e la psiche dei
bambini sono i giocattoli differenziati sessualmente: bambole, trucchi, cucine
e servizi da thè per le bambine; mostri, armi giocattolo e macchine per i
bambini.
I bambini hanno bisogno
di giocare ma non per forza con giocattoli distinti per sesso.
Non
è la bambina che vuole giocare con la bambola, ma gli adulti che, attraverso la
bambola, concentrano gli interessi della bambina sulla maternità e verso il suo
futuro ruolo all’intero della società.
Lo
sfogo dell’aggressività e della motilità non è peculiare dei maschi per cui ad
entrambi possono piacere i soldati, le macchine, le cucine o le figurine dei
calciatori; sono gli adulti che li instradano rigidamente verso interessi
selezionati a loro immagine e secondo il loro modo di vedere le cose.
Lo
stesso discorso vale per i libri quando vengono selezionati in base al sesso e
per i libri di scuola che, ancora oggi, differenziano per attività e ruoli tra
i generi maschile e femminile.
Inoltre,
si dovrebbe fare una riflessione sulla fruizione dei cartoni animati , delle
riviste e delle pubblicità dei giocattoli o più in generale dei prodotti per
l’infanzia, dove i maschi sono rappresentati in attività all’aria aperta legate
alla scoperta, al movimento, all’intraprendenza, alla competizione e le femmine
imprigionate in situazioni statiche, legate alla cura e agli affetti, alle
chiacchere, ai sentimenti, alla moda e all’immagine esteriore.
Presi
singolarmente nessuno degli aspetti appena elencati è di per sé negativo, lo
diventa nel momento in cui l’uno esclude il suo opposto all’interno di una
prospettiva di differenziazione di genere.
Detto
in altri termini, incanalando i bambini e le bambine in ruoli preconfezionati
gli si preclude la possibilità di sperimentare, esprimere e accettare se stessi
e gli altri, gli si preclude la
possibilità di pensarsi e pensare l’altro diverso da sé.
Photo by Berta Pfirsich
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