martedì 7 febbraio 2017

Pensiero per il mio Paese




Quando, nel 1978, Franco Basaglia fece approvare in Italia la legge n. 180, che sancì la chiusura dei manicomi, era solo il punto di partenza per richiedere alla società tutta un impegno più grande verso un cambiamento più profondo, ovvero non avere più paura di chi è diverso da sé.
Basaglia ci ha insegnato che la sofferenza psichica non è una malattia ma una condizione in cui chiunque si può ritrovare in momenti diversi della propria vita, momenti che possono diventare permanenti quando fallisce la comunità in cui si vive.

Per stare bene tutti noi abbiamo bisogno di relazioni, di affetto, di cure, di rapporti umani con chi si prende cura di noi, di denaro, di cibo, di calore, di una famiglia, di risposte reali per il proprio essere. Chi soffre psichicamente non è solo un sofferente psichico: è prima di tutto un essere umano che ha bisogni e necessità in quanto essere umano.
Purtroppo, stando ai grigi tempi di chiusura mentale e affettiva che stiamo vivendo, sembra che la difesa dei più deboli, dei folli, dei diversi, degli immigrati, non sia più un ideale della nostra cultura.


Eppure offrire gesti di amore non ha costi sociali, non incide sul bilancio statale, né su quello familiare o individuale, anzi potrebbe accrescerli. Si potrebbe diffondere gentilezza, pensiero per l’Altro, affetto, con generosità e piacere, se solo le nostre vite non proseguissero in quel processo di inaridimento, paura e desertificazione che tanto dilaga. 

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